giovedì 18 settembre 2014

Scuola, quel dolce inferno.

Le scuole d'Italia hanno ormai aperto i battenti e gli studenti, spesso controvoglia e desiderosi di ritornare all'estate, hanno ripreso la loro routine di vita. 
Come buona parte dei miei cari colleghi, preferirei non dovermi svegliare alle 6 del mattino per salire in tempo su un autobus affollato, puzzolente e soffocante. Tuttavia, ho sviluppato un pensiero sul ritorno allo studio e sono certa che qualcuno, nel fondo della sua coscienza, la condividerà.
Passi per gli orari improponibili -ma ai quali un giorno dovremo pur abituarci, se vogliamo vivere nel mondo reale-, passi l'avere idee migliori per passare un pomeriggio, piuttosto che studiare e fare i compiti - sebbene anche questo non sia altro che un modo per prepararci al futuro-, passi il generale odio per l'ansia pre-interrogazione, passi il desiderio - perfettamente condiviso anche da me- di non rivedere persone a cui si augurerebbe di cuore di inciampare e rompersi una gamba. Passi tutto questo. Possiamo dire che la scuola sia solo ciò che ho appena descritto? E allora sarebbe più facile chiamarla tortura.
Noi poveri studenti non abbiamo bisogno di essere compatiti, il nostro non è un lavoro e dovremmo rendercene conto. Studiare è un regalo che doniamo a noi stessi. Un giorno tutto questo impegno, spesso non volontario, darà i suoi frutti. Magari non troveremo subito il lavoro della nostra vita, non saremo subito felici. Ma avremo comunque una ricchezza incommensurabile, ma spesso ignorata: la conoscenza. Non starò, come i filosofi che l'anno scorso mi hanno fatta impazzire, a dire che la conoscenza sia uno dei modi per raggiungere la felicità. Non è così. Siamo sinceri, nessuno salterà mai di gioia dopo aver imparato il Teorema di Pitagora o aver imparato a memoria canti della Divina Commedia. Tutto questo però - e soprattutto lo sforzo per imprimerli nella nostra memoria - ci lascerà qualcosa che ci farà crescere, ci insegnerà a ragionare, a impegnarci e, di conseguenza, a vivere.
Non andiamo a scuola solo per imparare la chimica e la letteratura italiana e la storia, ma per capire come funzionerà la vita in futuro. Dovremmo ringraziare allora, perchè non tutti hanno avuto questa possibilità. E dovremmo ringraziare quei rari - ma grazie al cielo, esistenti - professori che provano davvero a farci migliorare a livello umano. Forza, se qualcuno davvero mi sta leggendo, pensate ai vostri insegnanti, passati o presenti, e ringraziatene uno. Comincerò io, per dare l'esempio: ringrazio di tutto cuore quella professoressa che, con tutta la sua passione, mi ha fatto amare il greco antico, insegnandomi che l'impegno e un buon modo di porsi potranno portare solo a risultati positivi. Anche se serve imparare a memoria tutti i paradigmi più improponibili. Per chi come me ha studiato greco, non vi siete mai chiesti come facevano loro a ricordarseli tutti?
Dopo tutto questo sproloquio, torno a lamentarmi per la sveglia di domani mattina, che suonerà troppo presto.
Alla prossima, cari amici.

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